Nella giornata di oggi, sabato 24 giugno 2024, Sara Rattaro, biologa e scrittrice, ha presentato il suo nuovo libro “Io sono Marie Curie” edito da Sperling & Kupfer. In occasione della rassegna Buongiorno Passaggi. Libri a colazione, l’autrice ha conversato con Giulia Ciarpica, scrittrice e critica letteraria di Rai 1.
Una famiglia moderna, un’educazione garantita
Perché Marie Curie, a distanza di molti anni, colpisce ancora come personaggio storico e svetta tra le donne più importanti di sempre? Ma soprattutto, perché ha infatuato a tal punto l’autrice da farne un romanzo? Sara Rattaro è una biologa e ha sempre venerato la Curie come esempio e modello per la sua carriera in ambito scientifico. “Quante donne famose nella storia riusciamo a nominare?”, domanda l’autrice al pubblico: Frida Kahlo, Marie Curie, Artemisia Gentileschi… e poi i suggerimenti del pubblico cominciano a rarefarsi. “Vedete”, commenta Rattaro, “È proprio per questo che dobbiamo ricordare i modelli femminili più o meno celebri nella storia, perché altrimenti queste donne meravigliose svanirebbero nell’oblio”. “Io sono Marie Curie” è la storia di un genio: è la storia di una donna intelligente, carismatica e indipendente, fin troppo moderna per l’epoca in cui viveva. Marie Curie, prima di diventare celebre, si chiamava Maria Skłodowska e nacque nella Polonia dominata dall’Impero di Russia. All’epoca, i dominatori russi non permettevano alle giovani ragazze di andare a scuola, ma Marie e sua sorella Bronia ebbero la grande fortuna di avere un padre moderno, di ampie vedute, quasi illuminato: egli si assicurò, purtroppo con molti rischi, che le figlie seguissero corsi scolastici clandestini e, una volta terminati, entrambe le sorelle andarono a Parigi. Marie entrò alla Sorbona, l’Università più prestigiosa della città e fu la prima donna a farlo. Proprio nell’ambiente universitario conobbe il suo grande amore, Pierre Curie, scienziato francese con cui poi si sposò. Pierre, racconta Rattaro, non è solo un marito per Marie, ma è anche un amico, un confidente e soprattutto un suo pari, con cui lavorare in laboratorio. Quando la coppia ebbe dei figli, fondamentale fu l’intervento del padre di Marie e di sua sorella Bronia, che misero i due scienziati nella condizione di lavorare, preoccupandosi loro dei bambini.
La scoperta della radioattività e l’ipocrisia contro le donne
Non c’è dubbio che la famiglia di Marie sia stata illuminata e progressista, sancita da legami affettivi molto profondi. Per mantenere la loro istruzione, le due sorelle Maria e Bronia, lavoravano a turno: Bronia andò a Parigi per prima, mantenuta da Marie che lavorava in Polonia come istitutrice; poi fu il turno di Marie, anch’essa andò in Francia e fu mantenuta dalla sorella che nel frattempo aveva conseguito una laurea. L’autrice si sofferma a lungo sul rapporto che ha legato le due sorelle per tutta la vita, soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà di Marie, dopo la morte prematura di Pierre. Insieme a Pierre, Marie si dedicò ad approfondire gli studi dello scienziato Becquerel, che pochi anni prima aveva accidentalmente scoperto la radioattività dell’uranio. La scienziata teorizzò ben presto che la radioattività era una caratteristica propria non solo dell’uranio ma anche di altri elementi chimici, e ne indicò due: il radio e il polonio. Per questa sensazionale scoperta, Pierre Curie e Becquerel furono chiamati a ritirare il premio Nobel per la Fisica. Solo uomini, di Marie neanche una traccia. Attraverso una scena molto concitata nel romanzo, Sara Rattaro ripercorre la rabbia provata dalla scienziata, che aveva trainato, ipotizzato e diretto gli studi. Pierre decretò allora che avrebbe ritirato il premio solo se ne fosse stata insignita anche la moglie. A scatenare la rabbia di Marie, racconta il romanzo, fu anche l’atteggiamento ipocrita della Sorbona, che si ergeva a Università delle pari opportunità dopo l’ingresso della Curie, ma che in quel momento rimase in silenzio e non prese le difese di una delle sue più brillanti studentesse, penalizzata solo per il suo esser donna.
La morte di Pierre e la gogna pubblica
Insignita di un premio Nobel, Marie riprese i suoi studi con Pierre. Ma l’idillio si spezzò quando un giorno il marito fu travolto da una carrozza e ne morì. Con la sua morte, Marie si rese conto che perdeva ogni mezzo per continuare a fare il lavoro che amava: nessuno l’avrebbe mai più presa sul serio senza un uomo al suo fianco. Oltre a questo, la perdita di una persona amata e del padre delle sue bambine la gettò in uno stato di depressione atroce da sopportare. Marie riuscì a risollevarsi solo dopo l’assegnazione della cattedra di Fisica alla Sorbona, prima appartenuta al marito: fu la prima donna a tenere un corso in Università. Anche qui però, la felicità durò poco: Marie, innamorata, intraprese una relazione con Paul Langevin, uno studioso sposato e con quattro figli. Naturalmente, per lui non fu affatto uno scandalo, anzi era già avvezzo a relazioni extra-coniugali, ma per la Curie, che era definita la mite e onorevole “vedova illustre” di Pierre, la gogna fu pesante e inevitabile. I giornali scandalistici pubblicarono la corrispondenza di lettere tra i due amanti e l’ondata di odio di Parigi investì in pieno Marie: venne aggredita in strada, minacciata in casa sua e in Università, la sua abitazione a Parigi fu imbrattata con scritte dispregiative e le finestre furono distrutte nel tentativo di ferirla.
Potenza e pericolosità del radio
La gogna mediatica arrivò fino alle orecchie dell’Accademia svedese, che fu tentata di ritirare l’invito alla Curie per un secondo premio Nobel, questa volta per la Chimica. Infatti, nonostante il difficile periodo personale, Marie riuscì a isolare il radio sotto forma di metallo per renderlo più facilmente lavorabile. Il successo del radio e delle sue scoperte sulla radioattività fu enorme: i medici cominciarono a sperimentarle sui pazienti e, quasi incredibilmente, si provò che l’apparecchio radiografico costruito sulla base delle teorie di Marie rilevava la presenza di masse tumorali. Moltissimi pazienti ebbero salva la vita grazie agli studi della Curie. Le sue scoperte furono più che mai vitali durante la Prima Guerra Mondiale, quando Marie e sua figlia Irene si occupavano dei feriti di guerra: l’apparecchio rilevava in tempi brevissimi la presenza di proiettili nel corpo, permettendo ai medici di operare quasi istantaneamente. Quel che ancora non si sapeva era che l’esposizione a raggi radioattivi senza protezioni adeguate avrebbe determinato inevitabilmente delle malattie. Proprio a causa di questo, Marie sviluppò una forma di anemia aplastica dovuta alla lunga esposizione a elementi radioattivi e morì nel 1934. Dopo una iniziale sepoltura nel cimitero accanto al marito, le spoglie di Marie Curie furono traslate e sepolte nel Pantheon di Parigi: fu la prima donna a ricevere questo onore.
Marie Curie: la forza di sfidare le convenzioni
Cos’è quindi “Io sono Marie Curie”? È la storia di una donna, una donna come tutte le altre. “È difficile”, ammette Rattaro, “pensare a questi geni come esseri umani, sembrano sempre entità soprannaturali”, ma “dobbiamo prenderne atto”. Marie Curie è stata una donna che ha conosciuto nell’ambiente scientifico dell’epoca una tendenza maschilista: iniziò così la sua battaglia per affermare la propria identità e il suo ruolo nel mondo. Questo la portò a prendere decisioni difficili e determinanti, mettendo alla prova la sua persona e la sua mente contro un ambiente che non accettava il genio femminile: ma a Stoccolma, quando Marie Curie ritirò il suo secondo premio Nobel, prima donna ad averne vinti due in due discipline differenti, tutto il comitato era in piedi per premiarla. Questa è la storia di Maria Skłodowska-Curie: una donna che ha fatto del suo coraggio la sua veste e ha sfidato il mondo.