Collezioni disperse, capolavori fuggiti

L’Italia ha sempre venduto i pezzi migliori della propria arte: quadri e statue, libri e biblioteche, codici miniati, reperti archeologici, porcellane, monete, mobili. In qualunque secolo, e per i motivi più diversi, ma talora anche per ragioni singolari e quasi bislacche. Perché mutano la moda e il gusto o cambiano gli spazi dei palazzi; perché ai figli non piacciono le collezioni dei padri; o, più banalmente, perché le famiglie dei committenti e collezionisti vanno in rovina, e spesso ai nobili rimane unicamente il blasone. è una storia che vale la pena di narrare – al di là delle catastrofi causate dai conflitti, sempre irrispettosi dell’arte, o dei criminali scavi archeologici per i lucrosi mercati internazionali – attraverso i suoi casi più eclatanti, procedendo anche per stranezze e curiosità, per capire quanto è successo nel nostro paese. Di quanto un giorno abbiamo posseduto, e oggi non abbiamo più, e come se n’è andato: specialmente quando troppi si riempiono la bocca con il tantissimo che ci è rimasto, senza minimamente riflettere al moltissimo che è sparito.

Fabio Isman, giornalista e scrittore, è stato per 40 anni inviato del «Messaggero». Fra i suoi numerosi libri I predatori dell’arte perduta. Il saccheggio dell’archeologia in Italia  (2009) e Il ghetto di Venezia (2010), entrambi editi da Skira. Per il Mulino ha pubblicato Andare per le città ideali (2016).Editore Il Mulino

Uscita:  aprile 2017

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