All’interno del meraviglioso Chiostro delle Benedettine si è tenuto il terzo appuntamento della Rassegna Futuropresente. L’incontro ha visto protagonista Massimo Canducci, Chief Innovation Officer del gruppo Engineering, Faculty Global di Singularity University, professore universitario, tecnologo e saggista, che ha presentato il suo ultimo libro “Vite aumentate. Le tecnologie e il futuro che ci aspetta” (Franco Angeli). Ad intervistarlo Filippo Rosati, Presidente Umanesimo Artificiale, e Paolo Dello Vicario, Esperto di Performance Marketing & AI.
L’avvicinamento
L’incontro si apre attraverso una domanda semplice, ma allo stesso tempo fondamentale, poiché la risposta racchiude il movente che ha spinto Canducci a realizzare tale libro. L’autore spiega infatti che la sua passione per la tecnologia e la sua volontà di scriverne nascono dalla sua professione. Occupandosi di innovazione e tecnologia dell’informazione, ha sentito la necessità di porre un ordine nella sua testa e per questo ha scritto non solo vari libri riguardanti le tecnologie, ma ha realizzato anche dei lavori per riviste e giornali. Tuttavia, giunto alla sua ottava opera letteraria, ritiene che il libro permetta di ordinare gli argomenti in maniera più strutturata e di trattare svariati argomenti in modo approfondito. Ad esempio permette di affrontare tematiche attuali, quali il modo in cui si lavora o ci si muove o si accede alle notizie, ma anche tematiche quali il futuro e l’evolversi, nel tempo, della tecnologia, prepotentemente presente anche al giorno d’oggi.
L’Intelligenza artificiale: consapevoli o non consapevoli?
Tema centrale del libro di Canducci riguarda l’intelligenza artificiale. Come dimostrato in seguito ad un piccolo esperimento sociale con le persone del pubblico, la maggior parte di noi sa in cosa consiste l’intelligenza artificiale, ma è meno a conoscenza del suo utilizzo spesso giornaliero ed inconsapevole. Questo perché, come spiega Paolo Dello Vicario, le tecnologie hanno la capacità di diventare invasive e di condurre l’uomo ad utilizzarle senza nemmeno accorgersene. Basti pensare ai social, che sono in grado, attraverso vari dispositivi artificiali all’interno dello smartphone, di registrare le informazioni che riteniamo interessanti, andando così a realizzare pubblicità che possano attirare la nostra attenzione. Dietro tutto questo ci sono delle vere e proprie aziende che si occupano di registrare i dati. A questo proposito interviene Canducci, collegando la tematica della raccolta dati a quella della privacy. Infatti, questo problema riguarda la gran parte della popolazione, dal momento che quasi tutti ricorrono all’utilizzo di servizi, quali Facebook e Gmail. Egli spiega che anche tali servizi, apparentemente gratuiti, in realtà vengono pagati dai loro iscritti tramite i dati personali e di comportamento, che vengono ceduti alle piattaforme stesse. Basti guardare il bilancio di Facebook del 2020: dividendo il numero di miliardi di dollari utili, intorno ai 32 miliardi, per il numero degli utilizzatori di Facebook, si nota come ogni utilizzatore della piattaforma abbia contribuito agli utili per circa 46 dollari. Dunque, non solo i nostri dati hanno un valore, ma si tratta anche di un valore che è percepibile. Inoltre, questi dati potrebbero anche essere utilizzati in maniera negativa dalla piattaforma e diventare un’arma a doppio taglio, addentrandosi quindi in quello che è il tema della cyber security.
Metaverso: finzione o realtà?
Le tecnologie rappresentano già un grande ed insistente elemento, che tenta di insinuarsi sempre di più all’interno delle nostre vite. È qui che subentra il concetto del Metaverso. L’autore spiega che secondo molti il Metaverso non esista e che mai lo farà, al contrario altri ritengono che a breve ci rinchiuderemo nelle nostre case. Ciò che, invece, secondo il saggista, accadrà, è che le tecnologie già esistenti continueranno ad evolversi. Si sta quindi parlando di realtà virtuale e realtà aumentata. Attualmente noi conduciamo “relazioni” con i nostri smartphone e computer, che vedremo migrare verso un altro tipo, che sarà quello della realtà virtuale. Si arriverà ad indossare, sopra le nostre teste, un caschetto, che ci farà perdere la percezione fisica della realtà, continuando però a muoverci comunque nell’ambiente reale. Si sarà completamente immersi in un mondo finto, che si penserà essere quello reale, vivendo così un’esperienza nuova, non perché non fosse già esistente, ma perché le tecnologie si evolveranno. Basti pensare all’organizzazione di una vacanza: su internet si è costantemente alla ricerca di immagini che mostrino il luogo in cui ci si vorrà recare. Ecco, col tempo le tecnologie diventeranno sempre più invasive. L’uomo non si accontenterà più di semplici immagini e gli operatori dovranno fornire sempre di più, come fanno già oggi con i siti internet.
Invece, per quanto riguarda la realtà aumentata, questa permette di aggiungere nuovi elementi a ciò che già è reale. Oggi lo facciamo con gli smartphone, in futuro realizzeremo tutto ciò con occhiali indossati sul nostro naso, gli smart glasses, e questo porterà ad un utilizzo sempre minore dei cellulari, che diventeranno secondari, così come lo sono oggi i telefoni fissi. Inoltre, lo sviluppo di tali occhiali è anche simbolo di una grande responsabilità: le notifiche oggi arrivano sugli smartphone, in questo futuro verranno direttamente ricevute dagli occhiali, andando così ad interrompere la realtà aumentata e le informazioni che l’uomo sta ricevendo in quel momento. Allo stesso modo, le pubblicità che ora riceviamo sui nostri cellulari, si sposteranno sugli smart glasses.
Smartphone in scatola
La tecnologia ha portato anche ad un incrocio tra generazioni. Durante la pandemia, molti si sono trovati costretti a ricorrere all’utilizzo della tecnologia, usufruendo, ad esempio, dello smart working o dello shopping online attraverso negozi virtuali. Questo ha condotto le aziende a lavorare molto ed in maniera veloce, includendo aspetti che mai avrebbero pensato di raggiungere. Se quindi, da un lato, alcune generazioni sono state introdotte al mondo tecnologico, dall’altro Canducci afferma che gli piacerebbe vedere la tecnologia utilizzata all’interno delle classi. D’altronde è facile chiedere agli studenti di riporre i propri smartphone in una scatola, ciò che è difficile è instaurare una collaborazione con quelli.
Metà uomo, metà macchina
Ultima tematica affrontata è quella della tecnologia come fattore abilitante. Questa può infatti essere vissuta in maniera attiva o passiva: le tecnologie non costituiscono un elemento negativo, almeno non fino a quando vengono viste come un fattore che può condurre alla soluzione e non, invece, come la soluzione stessa. Un esempio può essere quello dei curricula, a cui le aziende affidano l’assunzione del personale impostando degli algoritmi ben definiti. Gli algoritmi macinano i curricula, fino a quando persone, a parità di caratteristiche lavorative, cominciano a non essere prese semplicemente perché di origini straniere o perché sono donne. Tutto ciò avviene perché la macchina ha scoperto e lavora sulla base di precedenti comportamenti dell’uomo e non perché l’algoritmo fosse stato impostato in questo modo. Dunque la tecnologia ha sempre fatto e sempre più farà parte dell’uomo, ciò che però è importante è che l’uomo mai diventi parte della tecnologia e, come disse Steve Jobs, “Siate affamati, siate folli”.