Nella penultima serata del festival, Passaggi ha avuto occasione di ospitare, nella suggestiva cornice della chiesa di San Francesco, Tom Kuka. Scrittore, giornalista e vincitore del premio Europeo per la letteratura 2021 ha portato sul palco “Flama” (Besa Muci) per la rassegna Europa/Mediterraneo. Insieme all’autore sono intervenute anche Anna Lattanzi, critica letteraria e coordinatrice di Scuola Passaggi, e Elisabetta Stefanini, giornalista e caporedattrice cultura di Ansa.
Flama
Già ospite della nona edizione del Festival con il suo libro “i fiori del male”, quest’anno l’autore albanese ha presentato “Flama“: un giallo caratterizzato da un profondo spirito di accoglienza. Il lettore viene infatti immediatamente catapultato in un altro mondo che egli sento subito come proprio. Si ritroverà in una Tirana di cento anni fa, una città misteriosa, dove a seguito di un’invasione di topi e una pandemia, sarà necessario risolvere un particolare omicidio.
Una nuova Sodoma
Sodoma, la malvagia città biblica, si ripete in paesi diversi nel corso della storia: “Tirana oggi”, sostiene l’autore, “sarebbe il posto giusto per creare una nuova Sodoma“. Allo stesso tempo, però, c’è anche chi, per moralità, è portato a cercare una via di fuga. Questa è l’”albanità” che l’autore ha voluto riportare nella sua storia. Egli ritiene la sua scrittura fedele alla sua gente e alle loro storie. Non vuole infatti raccontare il mito dell’Albania classica, ma vuole, anzi, raccontare la ricchezza di questa gente anche se, a volte, la ricchezza non piace.
La razionalità del mito
Tom Kuka parla dell’Albania di ieri per narrare quella di oggi. Nonostante il suo lavoro, lo scrittore non ha un approccio giornalistico alla storia. Quello di cui parla non riguarda l’attualità, ma può aiutarci a comprenderla. Le nostre radici, infatti, sono nella storia e nei nostri antenati. E’ per questo che all’interno del racconto ha un ruolo fondamentale la cultura dell’innaturale, caratteristica dell’Albania ma anche di tanti altri paesi mediterranei. Kuka non narra un mondo razionale, bensì una cosa irrazionale che sembra, e forse lo è, reale. Allo stesso modo il protagonista Di Hima, per risolvere il caso, avrà bisogno di togliersi i vestiti della razionalità ed entrare in una dimensione completamente diversa fatta di mito, sogno e magia.
I topi: distruttori e salvifici
“Lo spirito del topo è uno spirito annientante ma anche positivo: distrugge per ricostruire.”
“A me i topi fanno schifo” dice l’autore. Nonostante questo, i topi, in “Flama” hanno una parte fondamentale: vengono riconosciuti come causa della peste che si diffonde. La scelta di questo animale risale al primo periodo di isolamento della recente pandemia. Quando l’autore iniziò a scrivere aveva, durante il suo lavoro, una colonna sonora: un topo che viveva all’interno dei muri della sua casa. Questo topo è quindi diventato un personaggio per lui misterioso, che ha deciso di inserire nella narrazione. L’animale, però, porta con se anche un senso paradossale: è il vettore che trasmette la malattia ma allo stesso tempo, quando cerchiamo una cura, e dobbiamo per esempio sperimentare dei nuovi farmaci, la nostra salvezza passa proprio dai topi.
La giustizia e Tom Kuka, autore e personaggio
Quando a Tirana scoppia l’epidemia i cittadini vedono ciò che sta accadendo come una punizione, pertanto cercano la legge come soluzione. Le leggi però non bastano per combattere questo “nemico invisibile”, perché è la legge dei topi a vincere. Per Tom Kuka la moralità non ha bisogno di leggi. I codici morali devono infatti essere stilati a seguito delle esperienze di vita. Tutto questo in “Flama” compone una miscela per raccontare un’Albania sconosciuta. Ma da che parte sta l’autore? Tom Kuka non sceglie una posizione per essere giusto. Proprio come l’omonimo personaggio e alter ego all’interno del libro, rimane misterioso, non schierandosi né dal lato del bene né da quello del male.
“Anche io sono come i miei personaggi: ho i mie vizi e i miei difetti”
La salvezza del ricordo
“Flama” non si propone di trasmettere insegnamenti, proprio perché l’autore sostiene che ognuno debba essere libero di vedere nella sua scrittura ciò in cui si rispecchia di più. C’è però un messaggio che Tom Kuka vuole passare ai suoi lettori e al suo pubblico: è necessario combattere quella che lui definisce “memoria corta”. E’ molto facile ripetere gli stessi sbagli solo perché si dimentica il passato. Lui stesso è cresciuto in un sistema disumano e conosce bene la dittatura. Trent’anni dopo si è ancora nel rischio di entrare in un sistema di autorità assoluta, ma questo va evitato. L’unico modo per arrivare ad un lieto dine è non dimenticare le sofferenze e ciò che gli uomini hanno fatto ad altri uomini.