A Passaggi Festival 2023, mercoledì 21 giugno, Alessandro Chetta, giornalista e video maker, ha presentato il suo libro “Non sia mai detto! Discorso sulla autocensura. Arte, politica e maternità” (Aras Edizioni). L’incontro si è svolto nell’ambito della rassegna Libri alla San Francesco e l’autore ha conversato con Carolina Iacucci e Federica Savini.
Auto cancel culture
Dalla cancel culture, il movimento di opinione che vorrebbe rimodulare temi classici, la cultura della cancellazione per rispondere a nuovi dettami morali, si passa all’auto cancel culture. Con questo termine si indica il comportamento di chi viene convinto dagli influencer, per esempio, a fare o a dire qualcosa che non si vuole realmente fare o dire. In una dimensione di convivenza civile l’auto censura è una forma di buon senso, ma quando colpisce la creazione artistica non è accettabile. Nel Novecento e nei secoli precedenti colui che veniva definito eretico andava contro lo Stato o la religione: un esempio può essere Pierpaolo Pasolini. Mentre nel passato, quindi, qualsiasi cosa poteva creare scandalo, ai giorni nostri il nemico é impalpabile. Ora il laicismo ha molta presa sul mondo rispetto alla religione, sui social si dibatte di temi sociali, quali il razzismo o la questione LGBT, e ciò fa sì che l’autocensura sia ovunque e ovunque si può fare del male a qualcuno. Per quanto riguarda la figura dell’artista, egli, autocensurandosi, momentaneamente può ottenere successo, ma in seguito non avrà la possibilità di eternarsi. In passato, invece, esprimeva i propri pensieri, andando ovviamente incontro a pesanti conseguenze. Andrea Chetta, con questo libro, ci invita a stare attenti a non auto-cancellare la vita intrinseca nelle opere del passato.
Mitologia vittimaria
La nostra società sta regredendo in quello che potremmo definire un culto della vittima. I nuovi eroi sono le vittime.
Oggi il potere del padre è escluso e sul piedistallo vi è il figlio. Nella religione Cristiana il figlio viene sacrificato e la vittima, in questo caso, è colei che ha ragione. Si può parlare di piccolo disagio civile, il quale è un rametto di disagio della civiltà di Freud.
Parlare di maternità
Oggi le donne, a causa di di questo meccanismo di autocensura, non affrontano con assoluta libertà il tema della maternità, si tratta di un argomento che preferiscono evitare. Quello che le donne non dicono sulla maternità è che spesso preferiscono “avere una vita felice” o “restare in movimento“.
Le donne ora sono al centro della storia, devono pensare al loro destino biologico nel contesto dell’auto affermazione nel mondo. Solitamente prima decidono di crearsi una base lavorativa sicura, per poi divenire madri. La libertà senza limite è qualcosa di inaccettabile e immorale, e per essere tale ha bisogno di un aspetto negativo.