Nell’attesa di poter finalmente tornare ad abbracciarci, avvertendo tutto il peso della mancanza di contatto fisico, consoliamoci rivivendo gli abbracci che hanno fatto la storia della letteratura. Dall’antica Grecia ai giorni nostri sono innumerevoli gli episodi che descrivono gesti d’affetto entrati a far parte del nostro immaginario.
“Un abbraccio vale più di mille parole”, recita un famoso proverbio. Questo gesto fisico può assumere significati diversi, l’unica certezza è che difficilmente si tratta di un gesto sgradito.
La scienza medica, ad esempio, ci indica che abbracciare rilascia endorfina nel sangue e ciò ha numerosi benefici: genera benessere, riduce la pressione arteriosa, aiuta ad alleviare i mal di testa e abbassano i livelli di stress ed ansia.
Gli abbracci impossibili nei classici
La letteratura classica ci offre numerosi esempi di abbracci tanto sperati quanto irrealizzati. Nel libro XI dell’Odissea, Ulisse, l’uomo dal multiforme ingegno, riesce a parlare con le ombre nel mondo degli Inferi. All’improvviso egli vede la madre Anticlea, la fa avvicinare e le chiede notizie sulla sua morte, che egli ignorava, e sulla sua sposa.
Mentre lei parla, l’eroe vorrebbe abbracciarla, eppure per ben tre volte le sue braccia non incontrano il corpo della madre ma solo l’ombra.
Virgilio, memore dell’episodio narrato da Omero, costruisce una scena analoga nella sua Eneide. Enea incontra nei Campi Elisi il padre Anchise, defunto durante il viaggio verso l’Italia. Padre e figlio piangono appena si incontrano e vorrebbero abbracciarsi; ancora una volta però il gesto non riesce, poiché Anchise non possiede più alcuna fisicità.
Per quanto riguarda i classici della letteratura italiana, anche Dante dimostra di aver fatto sua la lezione omerica. Nella Comedìa, nel II canto del Purgatorio, egli vede un’anima che si distingue tra le altre e che avanza verso di lui. Si tratta di un suo amico musico e cantore, Casella. Per esprime l’impossibilità di un contatto fisico tra i due, il poeta fiorentino riprende la figura tipicamente omerica del mancato triplice abbraccio.
Abbracci materni
Come ci spiega David Grossman nel suo libro L’Abbraccio (Mondadori), questo gesto rivela la mamma al suo bambino. Grossman con le sue magiche parole dà vita ad un commovente apologo sulla solitudine e sull’amore.
Un abbraccio può arginare il nostro senso di solitudine e smette di farci sentire “uno”, facendoci invece diventare “due”.
Lo stesso amore materno lo ritroviamo racchiuso nell’abbraccio che si scambiano August e la mamma in Wonder dell’autrice R.J. Palacio. Si tratta di un bambino nato con una grave deformazione craniofacciale che, da sempre, ha dovuto imparare a convivere con il rifiuto e la paura dei coetanei. L’abbraccio assume qui una funzione quasi terapeutica, simbolo di un amore incondizionato e un modo per infondere sicurezza.
La sicurezza di un abbraccio
Tutti conservano nella loro memoria il ricordo di abbracci speciali, capaci di aiutarci a superare momenti critici della nostra vita. Ce lo spiega bene Abu Lhawa in Ogni mattina a Jenin (Feltrinelli): la protagonista si rifugia nel ricordo degli abbracci del padre. Non ha più trovato un luogo tanto sicuro come quando nascondeva la testa nella cavità del suo collo e delle sue spalle robuste.
In maniera analoga Aibeleen, protagonista del romanzo The help (Mondadori) di Katheryn Stockett, ritrova sicurezza negli abbracci dell’amica Minnie. Donna di colore americana al servizio di famiglie bianche nell’America degli anni 60, ella ha appena perduto il figlio vittima di un incidente sul lavoro. L’aiuto della cara amica le permetterà di assimilare un lutto inimmaginabilmente doloroso che l’accompagnerà, però, per tutto il resto della vita.
Un abbraccio per dire ti amo
Assieme al bacio, da sempre l’abbraccio è una delle manifestazioni d’amore più dirette e sincere. Abbracciarsi vuol dire amarsi, vuol dire avere cura l’uno dell’altro.
Infatti Oliver ed Elio, protagonisti di Chiamami col tuo nome di André Aciman (Guanda), esprimono il loro profondo e giovanile sentimento amoroso tuffandosi l’uno nelle braccia dell’altro.
Una delle scene d’amore più commoventi è senza dubbio, nell’Iliade, l’immagine di Achille, eroe greco per eccellenza, che abbraccia disperato il corpo senza vita dell’amato Patroclo, brutalmente ucciso in battaglia dall’eroe troiano Ettore. Si tratta, quindi, di un gesto che esprime un amore vivo e presente ma anche di un amore perpetuo, che rimarrà anche dopo la morte seppure nella misera forma di un ricordo.
Abbracciarsi per costruire un mondo migliore
Nel libro L’arte dell’abbraccio (Piemme) il filosofo e anziano maestro buddista giapponese Daisaku Ikeda dialoga con Sarah Wider, docente di letteratura americana ed ex presidentessa della Ralph Waldo Emerson Society. Daisaku Ikeda, oggi ultranovantenne e fra le figure più importanti del buddismo, spiega che costruire relazioni fra gli esseri umani è un’arte potente e creativa, e se ad essa fosse dedicato il tempo che si dedica ad altre attività, il mondo sarebbe un posto migliore.
Come ci insegna il poeta cileno Pablo Neruda, abbracciarsi vuol dire tante cose. I molteplici significati di questo gesto possono essere efficacemente riassunti nella parola “condivisione”, come scrive nella sua poesia La magia di un abbraccio:
(…) il più delle volte un abbraccio
è staccare un pezzettino di sé
per donarlo all’altro
affinché possa continuare il proprio cammino meno solo.
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