Alessandra Longo, giornalista e membro del comitato scientifico di Passaggi Festival della Saggistica sin dalla sua prima edizione, nel 2013, racconta il suo legame con il Festival e con Fano.
“Passaggi è diventato una realtà della città di Fano”
Lei fa parte del comitato scientifico di Passaggi Festival sin dalla prima edizione. Come ha visto crescere Passaggi dal 2013 a oggi, cosa è cambiato?
Siamo alla decima edizione e ritrovarsi qui è stato come innaffiare una piantina, è successo un po’ così. È partito tutto con un primo esperimento in un novembre piovosissimo, ricordo che in quell’occasione intervistai Walter Veltroni, e ci fu subito una bella risposta da parte della città di Fano. Decidemmo allora di spostare la manifestazione in un periodo meno ostile e replicammo in estate. Per due anni il festival si tenne esclusivamente nel chiostro delle Benedettine, sempre affollatissimo, l’unica cosa è che la città era in qualche maniera un po’ fuori dal contesto dell’evento. C’era la sensazione che non ci fosse il contatto diretto con la gente. Ciò nonostante il festival andò benissimo. Ma il grande salto nel vuoto, la grande scommessa, poi vinta, fu quella di proporre il festival in piazza XX Settembre. La piazza è un luogo che fa tremare i polsi, perché ci sono oltre ottocento posti a sedere da riempire, fu una scelta coraggiosa da parte del direttore Giovanni Belfiori. Ma abbiamo superato benissimo la prova della piazza e negli anni il pubblico si è affezionato perché d’altronde quando qualcosa funziona la gente si fidelizza, torna volentieri. Caratteristica di Fano è poi il fatto che la gente non solo venga e partecipi alle presentazioni, ma compri i libri. Il che, a detta di diverse persone che lavorano nel settore, è un elemento degno di nota, poiché si verifica raramente. Ebbene a Fano si vendono i libri, ci sono le file per i firma-copie, c’è un’ottima risposta da questo punto di vista. Soprattutto poi, nel corso degli anni, Passaggi, da realtà parallela alla vita quotidiana della città di Fano, è diventato una realtà della città di Fano, anche grazie alla partecipazione dei commercianti, che allestiscono le vetrine dei negozi e si impegnano in prima persona per la riuscita dell’evento.
Qual è invece, a suo avviso, la cifra stilistica immutabile di Passaggi, a cosa si deve il suo successo, che ancora persiste dopo ben dieci anni?
Sono stati dieci anni molto belli, in continua crescita, il successo di Passaggi è un risultato che si è consolidato di anno in anno. Il segreto della riuscita di Passaggi sta nella sintonia di noi che facciamo parte del comitato scientifico. Siamo un gruppo di persone che sono amiche tra di loro, noi per primi ci divertiamo, stiamo bene assieme, c’è veramente forte sintonia tra di noi e questo è un dato molto importante, la leggerezza che abbiamo nell’affrontare l’evento.
Qual è l’impressione che lei ha della città di Fano, provenendo da fuori? Che idea si è fatta di Fano che diventa una sorta di “cittadella della cultura” attraendo partecipanti da tutta Italia?
Io sono triestina, ma è da anni che chiedo di avere la cittadinanza di Fano, anzi dopo dieci anni direi che quasi me la merito. Sono assolutamente innamorata di Fano, che prima non conoscevo, e che per me è stata una scoperta sia dal punto di vista dei luoghi meravigliosi – penso subito alla mia passione, l’ex chiesa a cielo aperto di San Francesco, che è in generale uno dei posti più belli dove si possa presentare un libro – che dal punto di vista del clima che si respira in città. Fano è una città che abbraccia chiunque arrivi, è una città molto ospitale. I volontari del festival sono sempre molto motivati, molto attenti alle esigenze degli ospiti, che infatti tendono a voler tornare sempre. Il clima è veramente positivo e questo è merito del calore della gente, che ha sempre dimostrato grande entusiasmo. C’è un pubblico molto attento e disciplinatissimo, che negli ultimi anni, con tutte le restrizioni dovute alla pandemia, ha mostrato anche straordinaria civiltà, sottoponendosi con pazienza a misure allucinanti come il controllo della temperatura o il dovere uscire e rientrare da ogni evento per permettere la sanificazione delle sedute. Ah dimenticavo un elemento non da poco… a Fano si mangia davvero bene!
Tra saggistica e giornalismo
Da giornalista è sicuramente a conoscenza dell’importanza della saggistica come chiave di lettura per il presente, ma qual è secondo lei il rapporto che c’è, o che magari dovrebbe esserci, tra l’informazione di tipo giornalistico e il saggio?
Il saggio è forse il parente più stretto dell’informazione giornalistica. Molti saggi sono delle maxi inchieste, penso ai libri che scrive il nostro presidente Nando Dalla Chiesa, vere e proprie inchieste sulla mafia e sulle organizzazioni criminali in questo Paese. Tutti i saggi hanno un grandissimo contenuto di dati e di fatti che sono esattamente la stessa base che serve per scrivere un articolo, quindi c’è un fortissimo legame tra saggistica e giornalismo.
In un periodo storico in cui sembra necessario avere sempre un’opinione su tutto e in cui spesso ci si ritrova davanti a nette polarizzazioni del pensiero, è stato scelto come tema dell’edizione 2022 “Con dubbia ragione”. Quanto conta, allora, al giorno d’oggi, soprattutto per chi esercita il suo mestiere, l’esercizio del dubbio e la possibilità di riflessione più approfondita che con esso si apre?
Conta moltissimo. È proprio chi coltiva il dubbio che fa anche buon giornalismo. In questo periodo registro, infatti, con fastidio l’overdose di certezze, di integralismi, di bianco e nero…quando invece il dubbio va coltivato, perché avvicina alla verità. Se parti già con un tuo teorema, un tuo giudizio non arrivi a un risultato di qualità. I grandi giornalisti, i grandi ‘inchiestisti’ hanno sempre coltivato il dubbio.