Il primo incontro della rassegna “Passaggi di Benessere”, organizzato da Aboca, si è svolto nella Chiesa di San Francesco. È qui che Erika Maderna ha presentato il suo libro “Per virtù d’erbe e d’incanti. La medicina delle streghe” in cui ha scavato nel passato per capire la storia delle donne conoscitrici di erbe medicinali, demonizzate come streghe. A dialogate con lei, la farmacista Stefania La Badessa. Quale miglior periodo dell’anno per parlare di streghe, se non fine giugno, a pochi giorni dalla notte di San Giovanni, il momento più propizio dell’anno per raccogliere le erbe medicinali.
L’incubazione religiosa e letteraria dell’immagine della strega
Con strega si intende la donna che possiede il sapere erboristico. La letteratura antica ha attinto dal mito e dalla religione le iconografie che danno il via alla credenza popolare della strega. Il primo modello è Madre Natura. Vi è poi la Dea Ecate, dea lunare triforme come le tre fasi della Luna ma anche come le tre età della donna. Proprio di notte, al chiaro di luna, le streghe uscivano per raccogliere le piante fatate. La dea aveva un corteggio di demoni femminili che succhiavano il sangue dei neonati. In questo modo gli antenati spiegavamo l’alto tasso di mortalità infantile. Infatti un altro archetipo di strega è quello dell’ostetrica, accusata di “sugare” il sangue ai bambini per consegnarlo al demonio.
Il processo alle streghe
Come ha scoperto Erika con le sue ricerche, Tito Livio nel 300 a.C. narrava di un processo di massa ad un gruppo di matrone accusate di aver diffuso un’epidemia. Già nell’Antica Roma era insito il germe della condanna. Divenne ancora più forte perché le donne entravano in conflitto con i medici ufficiali. Il loro sapere orale si sposava con un’empatia del tutto assente nel medico. La donna assisteva il malato, entrava nelle case portando sostegno, curando l’alimentazione, insegnando la preparazione del farmaco e dando consigli dopo il parto. Inizialmente non vi era una giurisdizione sulla stregoneria. Tutto partiva da una denuncia spesso intestina alla comunità in cui lavorava la donna, poi l’inquisitore raccoglieva le prove avvalendosi della tortura. Queste semplici preparatrici di unguenti finivano per confessare le partecipazioni ai sabba e agli incontri con il demonio. Era un cliché classico, ma del tutto inventato. Non sempre venivano condannate al rogo o a morte. Esemplare il caso di una strega reggiana accusata di insegnare la medicina magica alle altre donne, alla quale venne tagliata la lingua così da impedirle di tramandare il sapere orale.
Elementi caratteristici della strega
Le streghe erano solite radunarsi attorno al noce di Benevento. Da sempre il noce è stato considerato un albero associato al dio Ade. I presunti sabba di streghe assomigliano ad antichi riti agrari innocenti, associati al solstizio, in cui le donne danzavano in cerchio con la luna piena. Queste usanze sopravvivevano nei pagi, villaggi che non soccombevano al cristianesimo, da qui infatti deriva l’aggettivo “pagano”. Il volo delle streghe può avere due origini. La prima è che tra gli archetipi vi erano le Gorgoni, dotate di ampie. La seconda origine è l’interpretazione del volo dal punto di vista sciamanico: la strega si spostava in una dimensione superiore dopo aver assunto piante psicotrope, facendo quindi un volo più ideale che reale.
Pensando a Malefica, la strega per eccellenza, compare l’elemento dell’arcolaio. Non è del tutto strano perché si rifà alle tre Parche, divinità che tessono il destino dell’uomo. L’atto stesso di tessere doveva essere fatto lontano dai campi, perché rischiava di far morire il raccolto.
Erba et verba
Nel calderone delle streghe vi erano acqua e fuoco, elementi legati al solstizio, ma anche erbe psicotrope come aconito, cicuta, mandragola. Queste potevano fare uscire dal mondo della realtà, ma potevano essere anche dei veleni. Vi erano anche piante come betonica, malva, camomilla, salvia. Ad erbe e piante si aggiungevano elementi di derivazione umana: organi, sangue, placente, cordoni ombelicali. Per questo le ostetriche venivano perseguitate e considerate delle streghe sotto copertura.
Alle erbe si lega il potere della parola, “Erba et verba”. Gli incantesimi erano capaci di attivare le piante e di dar vita a metamorfosi. La maga Circe trasforma i compagni di Ulisse in maiali e Scilla nel mostro dello Stretto di Messina. Curioso come “Abracadabra” compaia in un antico testo di medicina, come formula di guarigione, a testimonianza dell’antico legame tra parola e risanamento.
L’unica figura che può riscattare secoli di persecuzione alle streghe è la Befana, che pur avendo gli stessi connotati di una strega, è propiziatrice di rinascita dopo l’inverno.