Fano, Fellini, Leopardi: sono i protagonisti della pièce teatrale che andrà in scena nel giorno inaugurale di Passaggi Festival, mercoledì 26 agosto, alle ore 22.30, all’ex Chiesa di San Francesco. Prosegue così l’omaggio annuale che il festival dedica al poeta recanatese, questa volta protagonista insieme al grande regista romagnolo, di cui ricorrono i cento anni dalla nascita.
Fellini a Fano incontra Leopardi
Fellini a Fano, dunque, per la prima volta insieme a Leopardi, uno spettacolo interamente prodotto da Passaggi Festival (26-30 giugno 2020), scritto da Carolina Iacucci.
La caduta della luna – questo il titolo dello spettacolo, titolo ispirato a un’immagine tratta dall’idillio leopardiano Lo spavento notturno – alterna storytelling e dialogo per tessere un intreccio tra le ‘poetiche lunari’ di Giacomo Leopardi e di Federico Fellini. Attraverso la mediazione di tre personaggi enigmatici (L’Insonne, Lui e Lei) il poeta recanatese e il regista riminese si guardano allo specchio e si scoprono fratelli nel loro essere provinciali, sognatori, bambini impegnati in un eterno fantasticare.
Leopardi e Fellini a Fano: l’incontro in un non-luogo balneare
Ambientata in un non-luogo balneare fuori dal tempo, stilizzazione della Rimini felliniana o di una Fano ‘secondo Fellini’ dai contorni onirici, la pièce guarda alla luna come a un archetipo. Metafora della spinta al desiderio propria dell’umano, la sua caduta simbolica, benché necessaria alla vita, è nemica dell’arte in quanto ne ostacola l’urgenza e la ragion d’essere. Sia Leopardi sia Fellini una volta hanno visto la luna cadere – il primo in una poesia-incubo, il secondo in un film-testamento – ed entrambi, in quell’occasione, hanno scelto di riportarla in cielo per poter continuare, così, a scrutarla da lontano e a nutrire la mancanza che li ha resi artisti.
Fellini100 patrocina La caduta della Luna
Pensato e scritto da Carolina Iacucci, che co-dirige insieme a Sebastiano Valentini, uno dei tre interpreti insieme a Irene Guidi e Tommaso Rizzitelli (il cast è interamente originario di Fano, ma di formazione nazionale), lo spettacolo s’inserisce in un progetto che intende annodare la tradizione di Passaggi, che ogni edizione riserva un tributo a Leopardi, e il debito omaggio a Fellini, in un anno che ne ricorda la nascita e la straordinaria traiettoria professionale. Patrocinato da Fellini100, l’ente Mibact organizzatore degli eventi dedicati alla celebrazione dei cent’anni del cineasta riminese, lo spettacolo è aperto gratuitamente al pubblico, che può assistervi senza prenotazione fino a esaurimento posti.
Giacomo Leopardi, ritratto di poeta
Giacomo Leopardi nasce nella città marchigiana di Recanati –appartenente allora allo Stato Pontificio- nel 1798 in una famiglia nobile ma in decadenza. E’ il maggior poeta dell’Ottocento italiano, la voce più autorevole e rappresentativa del Romanticismo e una delle figure principali della letteratura mondiale. Tra le sue opere, in una produzione letteraria ampia e diversificata, ricordiamo gli ‘Idilli’, lo ‘Zibaldone’ una sorta di diario personale scritto tra il 1817 e 1832 e le ‘Operette Morali’, 24 componimenti in prosa, divisi tra dialoghi e novelle.
Difficile, per altro, sintetizzare lo stile e le opere di Leopardi in una definizione, per la sua eccezionalità di intellettuale dalla vastissima cultura: sostenitore del Classicismo nei primi anni di giovinezza grazie alla familiarità con lo studio della letteratura greca e romana, approda poi al Romanticismo attraverso la scoperta di poeti come Byron, Shelley e Foscolo. Le sue posizioni materialiste, derivate principalmente dall’Illuminismo si formano a seguito della lettura di filosofi come il barone d’Holbach e Pietro Verri, mentre gli studi dei primi decenni del Novecento sulla sua opera ed, in particolare, sulle implicazioni filosofiche della stessa, hanno portato i critici a considerare il poeta un precursore dell’Esistenzialismo, vicino a filosofi come Schopenhauer, Kierkegaard e Nietzsche.
Ciò che appare, con uno sguardo complessivo, che volutamente salta i passaggi temporali, è che Leopardi attraversi ed incida tutti questi ‘ismi’ con un percorso unico ed originale di poeta, filosofo, studioso e pensatore, che lo porta, insieme, a compenetrarli e a superarli, sommandoli, entrandoci dentro, fino a renderli propri e persino a stravolgerne qualsiasi definizione.
Leopardi: studio matto e disperatissimo
È Leopardi l’’enfant prodige’ dello ‘studio matto e disperatissimo’ attraverso il quale, a poco più di 10 anni, conosce alla perfezione il greco, il latino l’ebraico ed il francese, diviene traduttore dei classici ed autore, a 15 anni, di opere erudite. E’ il giovane che a 18 anni si converte al bello ed alla poesia e prova ad aprire l’angusto portone del palazzo di Recanati, il “natio borgo selvaggio” che sempre lo ha costretto e protetto al tempo stesso, per una fuga scoperta dal padre e che, quindi, miseramente fallisce, precipitandolo nella depressione. E’ l’uomo che a 24 anni scopre finalmente Roma e il disinganno di un mondo che doveva essere l’incarnazione del desiderio e dove, invece, tutto si rivela deludente, dalle testimonianze della storia antica alle persone, e, soltanto, ci si commuove di fronte alla spiritualità del Gianicolo ed al cospetto della tomba di un poeta tanto amato come Torquato Tasso.
Speranza e disillusione
È, ancora, il poeta che trova e perde l’ispirazione quando trova e perde definitivamente la speranza nell’amore, o nella magnanimità della natura che da innocua, diventa matrigna e capace di pensare soltanto alla propria riproduzione. Il poeta che viaggia dentro un pessimismo che da storico –legato ad una fase precisa della vita degli individui e che può essere ‘guarito’ dalle illusioni dell’arte e della poesia- diventa cosmico –figlio di una felicità tanto più desiderata quanto più irraggiungibile- per poi naufragare infine nella noia come assenza di desiderio e quindi unico piacere –o assenza di piacere- a noi concesso.
Ma resta in Leopardi sempre una tensione, la stessa che lo rende ancora e sempre indefinibile nella sua poetica e incessante nella sua ricerca, questo doppio anelito tra speranza e disillusione, fallimento e consolazione, ben sintetizzato nelle parole di Francesco De Sanctis “(Leopardi) non crede al progresso, e te lo fa desiderare; non crede alla libertà, e te la fa amare.
Chiama illusioni l’amore, la gloria, la virtù, e te ne accende in petto un desiderio inesausto. […] È scettico e ti fa credente; e mentre non crede possibile un avvenire men triste per la patria comune, ti desta in seno un vivo amore per quella e t’infiamma a nobili fatti” (“Schopenhauer e Leopardi” — 1858)
Federico Fellini, il regista degli Oscar
Federico Fellini nasce a Rimini il 20 gennaio del 1920. E’ uno dei maggiori registi della storia del cinema, creatore di personaggi memorabili, che vivono e respirano dentro film dalle atmosfere oniriche e visionarie, intrise di poesia, spesso esaltata da una sottile malinconia e da un velo di comicità che sempre tende alla volontà di generare lo stupore come effetto dell’arte e della creatività.
Vincitore di 5 premi Oscar nel 1957 per “La strada” (1954), nel 1958 per “Le notti di Cabiria” (1957), nel 1964 per “8 e mezzo” (1963), nel 1976 per “Amarcord” (1973) e di un Oscar alla carriera nel 1993, Fellini ha ottenuto anche una Palma d’Oro, un Leone d’Oro alla carriera, numerosi David di Donatello oltre che numerosi riconoscimenti a livello nazionale ed internazionale.
Fellini, dal neorealismo al gusto per il meraviglioso
È stato giornalista, disegnatore umoristico e sceneggiatore ed ha esordito nella regia nel 1950 dirigendo, in collaborazione con Alberto Lattuada “Luci del Varietà”. Attraverso la sua produzione cinematografica ha dato un originale contributo allo svolgimento del neorealismo con pellicole come “Lo sceicco bianco” (1952), “I vitelloni” (1953) e soprattutto, già citata, “La strada” (1954) e “Il bidone” (1955).
È in particolare con “Lo sceicco bianco”, il suo primo film da regista che vede la partecipazione di Michelangelo Antonioni come coautore del soggetto, di Ennio Flaiano come coautore della sceneggiatura e di Alberto Sordi come protagonista, che Fellini dà vita ad uno stile nuovo, originale, segnato da ironia e umorismo, realismo e magia definito poi anche in relazione alle pellicole successive ‘fantarealismo’. Sono le opere che seguono tra le quali “8 e mezzo” (1963), “Giulietta degli spiriti” (1965), “Fellini Satyricon” (1969), “I clowns” (1970), “Roma” (1972) ed “Amarcord” (1973) a delineare la poetica felliniana nella quale si uniscono e potenziano il fascino dell’erotismo, il gusto del meraviglioso, il piacere della satira, l’attenzione ai cambiamenti della società, l’appartenenza alla provincia ed una continua riflessione del cinema su sé stesso e sulla propria natura.