di Francesca Giorlando
“E il tuo tema come s’intitola?”, chiese la professoressa al termine dell’ora di italiano.
“Storia di un artista moderno”, rispose Elena. “Parla di un uomo che un giorno crea una nuova opera: una tela completamente bianca. Ci pensa e ci ripensa, ma alla fine decide di lasciarla così. La porta ad un esperto e gli viene detto che è un’opera di inestimabile valore. Viene esposta al Louvre, agli Uffizi, fa il giro del mondo: va a Boston, Chicago, Caracas, poi Londra, Belfast, Monaco di Baviera, Tokyo e tante altre città. L’autore diventa famoso, e alle diverse critiche che gli vengono poste lui risponde che non è tanto la tela ad assumere valore, quanto il silenzio che vi si aggrappa”.
“Bel tema”, fece la professoressa. “Non è finito qua”, la interruppe l’allieva. “Un giorno, un compositore va a vedere esposto questo quadro totalmente bianco e decide di seguire l’onda del suo successo: quella sera torna a casa e lascia un foglio pentagrammato totalmente vuoto. Il giorno dopo lo mostra alla sua orchestra che decide, fra i tanti pezzi, di suonare anche quello. Il pubblico dapprima è perplesso, poi si alza in un fragoroso ed inspiegabile applauso”.
La professoressa guardò Elena incuriosita.
“Anche uno scrittore, dopo aver sentito quel concerto, va dal suo editore e pubblica un libro completamente bianco. Pagine e pagine senza scritte, nessuna parola, mancavano persino le numerazioni ai bordi. Inaspettatamente, anche questa opera viene definita dai critici un capolavoro e in milioni accorrono a comprarne una copia. Alcuni però non capiscono il messaggio dello scrittore, e cercano disperatamente di riempire quelle pagine bianche con una sua firma. Dopo quel libro, nasce un nuovo movimento, lo chiamano il silenzio. Tutti ne vanno matti, cercano di imitarlo, di esaltarlo, trovano in esso il genio umano più espresso di quanto non lo sia mai stato”.
Attorno alla ragazza si avvicinarono curiosi alcuni studenti.
“Qualcuno, diciamo i più grezzi, trovano assurdo tutto ciò. Dicono che l’arte è il fare, il produrre, non il nulla. I sostenitori rispondono dicendo che il silenzio sia la più alta forma d’arte e che, potenzialmente, in un foglio bianco vi sia riassunta qualunque cosa. Insomma, si apre una vera e propria battaglia dalla quale non sorge nemmeno un pensiero grigio, solo opinioni bianche o nere”. Gli studenti si guardarono perplessi.
“Un giorno però, un osservatore un po’ pignolo si sofferma a guardare quest’opera e scorge un minuscolo punto nero nell’angolo sinistro della tela. Immediatamente e senza pensarci due volte, grida alla truffa. Il caso suscita grande scalpore, tanto da allarmare gli artisti del silenzio. L’uomo è venuto lì per osservare un’opera completamente bianca, non vuole vedere nessun altro colore, così quel minuscolo puntino lo fa diventare furioso e chiede i soldi indietro. Dapprima, i gestori del museo non cedono, poi centinaia di altri seguono l’uomo e costringono gli operatori del museo a restituire gli incassi. Persino i musicisti del silenzio iniziano ad avere parecchi problemi. Ogni volta che per errore si sente il rumore dell’archetto di un violino abbassarsi, o il suono di un dito che preme per errore sul foro di un fagotto, a decine si alzano dalla platea e gridano alla truffa, pretendendo il rimborso. È la follia” Alcuni studenti risero.
“Questa grande rabbia continua finché, un giorno, un bambino non vede per la prima volta il quadro, quello che doveva essere tutto bianco. Ne rimane talmente colpito che, quando la madre gli compra una tela delle stesse dimensioni per dipingere, lui non si sente di colorarla. Pensa che, se quella al museo è un’opera d’arte, lo deve essere anche quella che la mamma ha comprato per lui. Modificare un capolavoro come quello sarebbe uno sfregio. Decide allora di portare la tela al direttore del museo, cosicché possa essere ammirata da tutti.
Il direttore ringrazia il bambino, prende la tela e la mette nel suo studio. Inizialmente ha intenzione di liberarsene, poi gli viene un’idea. Quella notte, quando tutti gli operatori museali se ne sono ormai andati, sgattaiola nella sala bianca e scambia l’originale con il quadro del bambino. Il mattino dopo, si siede accanto alla nuova tela e osserva i turisti fotografarla e comportarsi come se nulla fosse. Quella indifferenza lo lascia perplesso. Il giorno dopo prova a girarla sull’altro lato, ma anche questa volta nessuno si accorge del cambiamento. Fa ruotare il quadro ancora e ancora, ma nessuno sembra notarlo. Cosa significa? Si chiede continuamente. Vuol forse dire che la voce del silenzio è così ben aggrappata al bianco da restare tale comunque lo si guardi?”
La professoressa strinse gli occhi con interesse verso la studentessa. “Così, per darsi una risposta, il direttore modifica ancora la sala bianca. Questa volta, non c’era più un solo quadro, ma due: quello del famoso autore e quello del bambino, affiancati. La gente rimane sbalordita, cerca disperatamente di capire quale dei due quadri fotografare, e a decine si lamentano di aver subito l’ennesima truffa. Ma la cosa più divertente è che, anche i pochi che chiedono aiuto al direttore, non domandano quale delle due sia l’opera con il puntino, così da evitarla e fotografare il vero bianco silenzioso, ma quale delle due lo abbia, così da poter celebrare l’autore. Allora, al direttore è chiaro che il messaggio non è mai stato quello del silenzio, quanto più quello di aver creato qualcosa
di mai pensato, per quanto potesse essere stupido”
Non appena Elena terminò il racconto, gli studenti iniziarono a parlare confusamente. “Non è vero, non è così che deve andare. Il silenzio è bellissimo e un’opera bianca lo immortala perfettamente. Non si tratta solo di un fatto originale”, disse una. “Tu davvero guarderesti per ore un’opera completamente bianca?”, ribatté ironicamente un ragazzo alle sue spalle. “Certo! Molto meglio di quei quadri pieni di colori con delle Madonne noiosissime” “Anch’io la penso così!”, gridò una ragazza in fondo al gruppo.
“Si, ma dai, non mi dire che pagheresti davvero per ascoltare un concerto silenzioso”, rise un’altra ragazza con aria di scherno. “Che c’è di male?”, fece un ragazzetto basso vicino alla professoressa. “C’è che non ha senso! Il silenzio è bello, ma lo puoi fare anche a casa tua tappandoti la bocca una buona volta!”
“Guarda che c’è differenza fra il silenzio di un teatro durante un concerto e il silenzio di casa tua. Ma che ne vuoi sapere tu, sei superficiale”, ribatté il ragazzino basso. “Nascondetevi pure dietro la maschera del silenzio quando comprate libri bianchi, tanto sappiamo benissimo che è l’unica cosa che leggereste mai!”, fece un altro.
All’improvviso, nell’aula scoppiò un gran baccano, che la professoressa cercò di domare urlando ancor di più. Rimase solo Elena, muta come un pesce, ad osservare divertita, il rumorosissimo dibattito sulla bellezza del silenzio.
Francesca Giorlando è nata a Bologna nel 2000, ha diciannove anni e ha conseguito il diploma un anno fa. Attualmente è iscritta al corso di Scienze della Formazione primaria a Bologna, laurea che le permetterà di diventare maestra. “Il mio sogno -scrive- è sempre stato quello di diventare scrittrice, stupire i lettori con racconti leggeri, ma dal significato profondo. Nel tempo libero suono il violino e leggo con piacere”.