Oggi ricorre la Giornata del Ricordo, istituita dal Parlamento nel 2004 con un’ampia maggioranza, in memoria delle vittime delle foibe e in particolare di tutti gli italiani che dal settembre del 1943 furono eliminati dall’esercito di liberazione jugoslavo del maresciallo Tito, in quella regione di confine che comprende Istria, Dalmazia e Venezia Giulia.
Non tutti, infatti, morirono nelle foibe (profonde fenditure del terreno tipiche del paesaggio carsico): molte delle vittime furono annegate nel mar Adriatico, altri morirono nei campi di deportazione slavi, altri ancora nella cave di bauxite in Istria.
Sergio Mattarella sulle foibe “una pulizia etnica”
Le foibe, però, buchi neri e profondi in cui donne e uomini venivano spesso gettati vivi ed agonizzanti, rimangono il simbolo più struggente di quella che il presidente Sergio Mattarella ha definito, nel suo discorso al Quirinale, “una pulizia etnica”.
Mattarella afferma che “il vero avversario da battere è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi.”
La conoscenza degli eventi è, infatti fondamentale poiché essi “ci insegnano che l’odio la vendetta, la discriminazione, a qualunque titolo esercitati, germinano solo altro odio e violenza.”
Il Presidente ha rivolto, infine, un pensiero alle vittime ed ai loro discendenti affinché costituiscano “un monito perenne contro le ideologie e i regimi totalitari che, in nome della superiorità dello Stato, del partito o di un presunto e malinteso ideale, opprimono i cittadini, schiacciano le minoranze e negano i diritti fondamentali della persona.”
Un po’ di storia
Le zone di confine dell’Italia orientale furono caratterizzate, tra il 1919 e 1922, da un violento “fascismo di frontiera” fortemente animato da sentimenti anti-slavi.
La regione, profondamente multietnica, fu vittima di un’imponente opera di assimilazione: la comunità slava fu privata, durante il ventennio, di identità politica e culturale.
Le tensioni crebbero durante la Seconda Guerra mondiale, che vide quei territori occupati dalle forze nazi-fasciste, e precipitò definitivamente quando, nel ’43, scomparve la presenza militare italiana e la Wehrmacht, stanziatasi solo a Fiume e Pola lasciò un incredibile vuoto di potere in tutta la regione.
Di punto in bianco il potere passò dalle forze nazi-fasciste alle forze dell’esercito di liberazione jugoslavo, e con esso passò la “legittimità” di utilizzare una violenza indiscriminata.
Venne avviata una caccia spietata contro chiunque fosse ricollegabile all’amministrazione italiana ma di fatto, in un clima incerto e in una terra ferita da un profondo conflitto etnico, vennero colpiti tutti coloro che fossero percepiti come fascisti, come possidenti o anche semplicemente come italiani.
Nella primavera del ’45 venne predisposto un vero e proprio piano da parte del gruppo dirigente dell’esercito jugoslavo di Tito per avviare una pulizia etnico-politica in tutto il Venezia Giulia: non importavano più eventuali legami con il fascismo o con le forze dell’ordine italiane, secondo tale piano dovevano essere eliminate tutte le figure che avessero un ruolo di rilevanza per la comunità italiana, dagli esponenti della Repubblica Sociale ai militanti dei Comitati di liberazione.
Il 30 aprile 1945 l’esercito di Tito arrivò a Trieste e quando, il 9 giugno successivo, gli accordi internazionali fissarono il confine italiano sulla linea Morgan, che includeva Trieste nel Regno d’Italia, migliaia di italiani vennero prelevati dalle loro abitazioni e fatti scomparire dall’esercito jugoslavo: si stima che circa diecimila persone persero la vita.
Perché per molto tempo non si è parlato delle Foibe?
Secondo lo storico Gianni Oliva uno dei motivi principali del silenzio che calò sull’argomento nell’immediato dopoguerra fu dovuto alla rottura che avvenne nel ’48 tra Stalin e Tito.
Quando, infatti, i comunisti jugoslavi si staccarono irreversibilmente dall’Unione Sovietica gli Stati Uniti videro in Tito la possibilità di avere un alleato prezioso contro il nemico dell’est: sarebbe stato ‘sconveniente’ approfondire la sorte di migliaia di italiani del confine nord-orientale.
Si trattò, inoltre, sempre secondo Oliva, di un silenzio di Stato: a nessuno, tantomeno ai governi centristi che si susseguirono in quegli anni, conveniva tirare fuori una questione tanto spinosa e “divisiva” che avrebbe evidenziato inoltre la scarsa rilevanza della politica estera italiana durante gli accordi internazionali.
Consigli di lettura
Gianni Oliva, storico politico e giornalista italiano, costituisce una delle voci più importanti sull’argomento.
Tra le sue opere più note troviamo:
- ‘La resa dei conti, aprile-maggio 1945: foibe, piazzale Loreto e giustizia partigiana’, del 1999,
- ‘Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria’, del 2002,
- ‘Dalle foibe ai campi profughi: la tragedia degli italiani di Istria, Fiume, Dalmazia’, del 2011.
Una figura sicuramente più controversa è lo storico e politico italo-sloveno Jože Pirjevec.
Le sue opere ci forniscono un punto di vista diverso e sono frutto di una poderosa ricerca storiografica: tra tutte la più famosa è senza dubbio ‘Foibe’ del 2009.
Infine vorrei segnalare una serie di articoli interessanti usciti sul sito della ‘Wu Ming Foundation’ la federazione di collettivi, gruppi d’inchiesta, laboratori, progetti artistici, culturali e politici che tratta spesso temi di interesse storico.