Nella quarta giornata di Passaggi Festival, l’ex Chiesa di San Francesco vede come protagonista del primo appuntamento della Rassegna Futuropresente l’economista Piero Formica. Dialogando con Paolo Dello Vicario, esperto di performance marketing e AI, ha presentato il suo libro dal titolo “Intelligenza umana e intelligenza artificiale. Un’esposizione della Galleria della Mente”, edito da Pendragon.
Una mente transdisciplinare
L’incontro si aspre spiegando l’espressione “Le Gallerie della Mente”, che l’autore ha usato come sottotitolo. Piero Formica, con questo termine fa riferimento alla capacità della mente di esporre personali modelli, che nascono dalla fantasia e fuoriescono dalle mappe mentali già esistenti.
L’essere umano nasce per ideare: il bambino crea e immagina mondi con la sua fantasia. Ma nel momento in cui inizia ad andare a scuola, la maggior parte del tempo lo impiea per rispondere alle domande dei vari professori. Ad esempio se gli viene chiesto di parlare di Tolomeo non può esprimere un giudizio sulle sue teorie, perché nemmeno verrebbe preso in considerazione dal professore. Del resto quando Einstein presentò per la prima volta la famosa equazione, gli accademici la cestinarono.
Questo esempii è per spiegare che la scuola dell’obbligo indirizza verso un mondo di studi disciplinari verticali. Bisognerebbe invece ampliare la mente umana a studi transdisciplinari. In questo contesto può intervenire l’intelligenza artificiale, aiutandoci a ricercare informazioni che arricchiscono la nostra capacità di pensare. Dobbiamo allargare l’intelligenza e non settorializzarla, altrimenti rischiamo di essere come dentro una prigione in cui i prigionieri non riescono a comunicare. Numerose figure del passato erano trandisciplinari: Émilie du Châtelet fu sia scienziata che traduttrice dal greco; l’irlandese Nicholas Callan fu inventore della bobina a induzione ma anche teologo. A dimostrazione del fatto che “gli studi umanistici illuminano le zone oscure della scienza e gli studi scientifici illuminano le zone oscure della mente”.
L’importanza di porre le giuste domande
L’intelligenza artificiale può essere una valida risorsa, ma occorre porle le domande giuste. Se le venisse chiesto di aumentare il PIL, essa potrebbe suggerire di abbattere i boschi tra Cortina d’Ampezzo e Dobbiaco a favore di una pista d’atterraggio per gli aerei delle élite oligarchiche che raggiungono le loro villette. Questo è vero che porterebbe a una maggior produttività, ma si finirebbe con il perdere il “respiro” dei boschi, il potere di fertilizzazione del terreno e tutti gli insetti impollinatori. L’umanità quindi perderebbe un qualcosa che nell’immediato non dà riscontri, ma che per le nuove generazioni consisterebbe nel rischio di morire ustionati. Il PIL si preoccupa quindi solo di ciò che è misurabile, ma come si può quantificare il respiro degli alberi?
Spesso la quantità non si identifica con la qualità: tanto denaro non è per forza correlato a qualità. Basti pensare all’Overtourism: numerosi turisti affollano un ambiente portando soldi, ma distruggendolo e quindi perdendo qualità.
La metafora del pozzo disciplinare
Giovanni Papini nel 1821 parlava di sostituire i banchi di scuola con attività multiculturali e laboratori di sperimentazione. Da bambini abbiamo una visione a cielo aperto, poi ad un certo punto è come se si entrasse in un pozzo disciplinare verticale, in cui scendiamo e a mano a mano non c’è più luce. Alla fine del pozzo sappiamo tutto di niente perché nel frattempo il mondo è cambiato e abbiamo perso il contatto con la realtà. È necessario abbattere questi pozzi. Einstein stesso diceva che non si impara dai fatti, poiché sembrano oggettivi ma non lo sono, si apprende invece dal pensare. Dei monaci buddisti osavano dire che essere esperti crea delle “nicchie di imbecillità”.
Il capitale intellettivo
Al giorno d’oggi tutte le imprese tendono a misurare in modo dettagliato la capacità di organizzare un bilancio o di scrivere software ma sono pochissimi i modelli per capire quanto le persone all’interno di una società siano preparate. Formica racconta che un collega svedese, alto dirigente di una compagnia assicurativa, inventò il “capitale intellettuale”: grazie ai suoi studi le aziende riescono a misurare il patrimonio intangibile. Al giorno d’oggi produciamo materia su materia e a tal proposito l’autore lancia una provocaizone: “Quante paia di scarpe dobbiamo avere ? Non sarebbe meglio averne tre di meno e avere tre poesie in più, magari comprate sul digitale?”.
L’attività materiale porta a questa pericolosa verticalizzazione. Tra l’altro è obbrobrioso per lui sentir parlare di risorse umane: gli esseri umani non sono risorse da spremere, ma sono persone senzienti. Il capitale umano è un termine sbagliato, si parla di “capitale intellettuale”. Il vocabolario è importante e deve necessariamente abituarsi ai tempi.
Lavorare stanca
La parola lavoratore non è una gran bella parola secondo Formica: citando Pavese “Lavorare stanca”, è sinonimo di fatica e morte. Secondo l’autore se si tassassero duramente tutti i lavori artificiali, molti starebbero a casa a suonare il piano, scrivere poesie e a pensare. È fondamentale avere un portafoglio di idee e lasciare che il lavoro lo facciano le macchine , così da ampliare la nostra galleria delle mente. È importante capire che le novità non si vedono, sono difficili da cogliere. Per farlo non bisogna fermarsi alla siepe leopardiana che “che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude” e cessare di essere solamente delle risorse per aumentare produttività.
Intelligenza artificiale come partner di esplorazione
L’intelligenza artificiale può essere un valido partner per ampliare la nostra creatività. Tuttavia nel momento in cui le poniamo una domanda, dovremo cercare di analizzare la risposta data e confrontarla con le fonti in nostro possesso. Negli anni Cinquanta uscì un libro chiamato “Danny Dunny” in cui il bambino protagonista iniziò a delegare i compiti di scuola al proprio robot, così da avere più tempo libero. In questo tempo libero, ottenuto facendo lavorare le macchine, si crea un’occasione per creare nuove domande e nuovi compiti al di fuori di quelli ordinari dati dai professori. In tal modo è possibile coltivare l’intelligenza umana e rispondere alla preoccupazione del professor Skinner che negli anni Trenta si chiese “Mentre ci preoccupiamo di far pensare i robot, noi essere umani continueremo a pensare?”.
STEAM: arte e scienza si completano
La differenza che rende l’umanità ricca è la teoria che in greco vuol dire visione. Secondo le statistiche spesso le donne scelgono di studiare le materie letterarie, ma visto l’alto rischio di disoccupazione viene loro consigliato di studiare STEM (Science, Technology, Engeneering, Mathematics). L’acronimo è stato oggi ampliato a STEAM includendo anche la parola Arte, indicando la sinergia che può nascere integrando gli studi umanistici con la scienza e viceversa. Il futuro è nello STEAM, che in inglese significa vapore, che fu fondamentale per la rivoluzione industriale, e che in italiano richiama la paraola stima. Non è vero che studiare filosofia non dà lavoro: i più grossi imprenditori di Silicon Valley sono laureati in filosofia e lo stesso Steve Jobs era un calligrafo. Il Nord Europa ha delle aziende in cui convivono insieme ingegneri, chimici, fisici, matematici, filosofi, letterati e ballerini. La filosofia non è una disciplina, ma un metodo, un modo per costruire nuovi sentieri.
L’importanza del confronto come occasione
Come diceva Einstein “La mente è come un paracadute, funziona solo se si apre”. Eppure non è bello che si apra in un recinto chiuso. È importante quindi ampliarla, integrando varie discipline: leggere poesie ma anche teoremi di matematica e non essere chiusi in un solo ambito. Il libro consigliato dall’autore per questo scopo è “L’età della meraviglia” di Richard Holmes che è un libro sugli scienziati e letterati del 700 e dei primi dell’800 dove con documentazione alla mano fa riferimento ai temi illustrati da Formica..
L’incontro si è concluso incitando il pubblico al confronto per esempio contattandolo alla sua mail, anche per esprimere disapprovazione. Perché nel momento in cui ci si confronta con una persona che ha un’idea diversa dalla nostra, potrebbe nascere una terza idea migliore della singola di entrambi. Se vogliamo creare cooperazione e solidarietà, dobbiamo creare dei conflitti cognitivi.
L’autore conclude con l’incitazione a vivere nel disordine e nell’incertezza che non sono male o paura, ma sono la vita e il modo per superare gli orizzonti e sconfiggere la siepe di Leopardi.