Che la cultura crei ricchezza, come ha sottolineato venerdì scorso il segretario della CNA di Pesaro e Urbino Moreno Bordoni, può sembrare scontato, eppure, guardando i sacrifici, gli ostacoli e spesso le poche risorse che si trovano davanti la maggior parte delle ‘imprese culturali’, scontato non lo è.
A partire da quella sorta di pietra miliare che è stato “Effetto Festival” di Guido Guerzoni, che nel 2008 analizzava l’impatto economico dei festival culturali, si è capito che quello che comuni, regioni, fondazioni bancarie, aziende investono negli eventi culturali ha un ritorno concreto e rilevante nei territori dove si svolgono gli eventi.
Cultura: ogni euro investito genera almeno 2,5 euro
A metà luglio di quest’anno, a Perugia è stata presentata la ricerca “Investire in cultura”, realizzata da Rsm-Makno per Impresa Cultura Italia-Confcommercio. Oltre a evidenziare come gli imprenditori siano sempre più interessati all’investimento in cultura (per oltre il 70% il sostegno a progetti ed eventi culturali è strategico), lo studio evidenzia che ogni euro speso nella gestione di un evento culturale genera ricadute economiche sul territorio per oltre 2,5 euro.
Chi partecipa a un festival acquista beni, paga biglietti d’ingresso, consuma in bar e ristoranti, se è un turista alloggia in albergo, visita laboratori artigianali, spende per parcheggiare, ecc insomma è non solo fruitore dell’evento, ma diventa un motore dell’economia locale.
La capacità dell’evento di attrarre turisti è in grado di trasformare positivamente il sistema turistico di una città. Basta guardare a ciò che è successo a Mantova con Festivaletteratura o a Pordenone con Pordenonelegge e provare a verificare quanto costa una camera d’hotel nei giorni dell’evento e quanto in quelli fuori festival.
Festival culturali: arrivano turisti, migliora la città, cresce l’economia
La crescita dei flussi turistici negli anni successivi dipende non solo dalla portata dell’evento, ma anche e soprattutto dalla capacità che ha l’intero sistema locale di dare visibilità e accrescere le potenzialità del territorio come destinazione turistica. Insomma, spetterà al sistema turistico del territorio capitalizzare i risultati raggiunti dai festival. Una città accogliente, pulita, con buoni servizi, ristoranti con prodotti locali, piste ciclabili, spazi per bambini, parchi naturali ecc certamente avrà più possibilità di vedere tornare il turista, rispetto a una città dove non funziona nulla.
I grandi eventi non solo portano turisti, ma creano nuovi posti di lavoro nel territorio, qualificano le risorse umane, contribuiscono all’integrazione sociale, favoriscono il miglioramento della qualità delle aree urbane, elevano gli standard delle azioni culturali creando circoli virtuosi, e fanno tutto questo con un impatto ambientale molto basso.
Con la cultura si mangia. Le nostre proposte
Noi riteniamo che le nostre città, dalla riviera all’entroterra, siano perfette per ospitare manifestazioni come Fano Jazz by the Sea o Passaggi Festival, vorremo, però, che la consapevolezza che “con la cultura si mangia” diventasse uno degli assi portanti dello sviluppo del territorio.
A livello nazionale, chiediamo ai nostri parlamentari che la legge del precedente governo che ha introdotto la nuova figura giuridica delle imprese culturali, non si fermi alla funzione ‘qualificatoria’, ma impieghi fondi per arrivare a un vero sistema di certificazione della qualità e dell’impatto culturale e sociale prodotto, premiando le realtà migliori.
A livello locale, chiediamo agli amministratori scelte strategiche, perché tutte le manifestazioni sono importanti, ma altrettanto importante è distinguere quelle che hanno un maggior impatto promozionale e quelle che, invece, hanno una funzione di accoglienza.
Il sostegno, inoltre, non può limitarsi all’erogazione del pur fondamentale contributo, ma dovrebbe essere a 360 gradi: coordinare l’intera filiera (alberghi e strutture ricettive, pubblici esercizi, associazioni e istituzioni culturali, ecc), supportarci nella ricerca di sponsor di livello nazionale, mettere in funzione tutte quelle azioni affinché i festival non siano ‘cattedrali nel deserto’, ma vivano dentro un sistema-città in un mutuo scambio di dare-avere vantaggioso per entrambi.
Infine, sarebbe ora che si ragionasse su due punti che riguardano i contributi pubblici: primo, sostenere prioritariamente quelle manifestazioni che non sono di per sé redditizie (vendere prodotti gastronomici sicuramente rende di più che suonare musica o presentare libri); secondo, premiare chi è capace di mettere in campo modelli virtuosi e di qualità sia nei bilanci economici sia nei programmi sia nella ricaduta sul territorio.
Adriano Pedini, Direttore artistico di Fano Jazz by the Sea
Giovanni Belfiori, Direttore Passaggi Festival