Chiedi alla vertigine
Disorientarsi e, nel disorientamento, sospendere le certezze, scegliere di non ritrovarsi. In un tempo in cui ci si lamenta spesso di non avere punti di riferimento o si rivendica la necessità di sostituire valori vecchi con valori nuovi, noi vogliamo riflettere, invece, non solo sull’inevitabilità della frammentazione e dell’incoerenza, ma anche sulla bellezza che può generare la mancanza di coordinate, dentro e fuori di sé.
Vogliamo festeggiare il libro non più come vaso pieno o come specchio riflettente dalla superficie limpida, ma come spazio incrinato, come apertura al desiderio che si spalanca a partire da un buco di sapere, da ciò che non c’è, non c’è più o mai sarà.
Ribaltiamo la prospettiva, e anzi annulliamola: offriamo un’occasione al sentire anziché al capire. Perché, per chiedere alla vertigine, occorre prima credervi, confondersi e non cercare soluzioni o consolazioni alla confusione. La lettura e la scrittura diventano così luoghi dove sperimentare quella eccitante e pericolosa distorsione della percezione nella quale, come in una vertigine, ti ritrovi attratto e spaventato dal vuoto, privo di appigli e garanzie. E, quindi, vivo.