Il tema dell’edizione 2024
Un nuovo algoritmo, Hindsight Experience Replay (HER), consente così all’Intelligenza Artificiale di imparare dai propri errori, quasi come fanno gli esseri umani.
(Maggio 2019, dai ricercatori di OpenAI)
Il sentimento dell’errore è incalcolabile. Nell’era dell’Intelligenza Artificiale, il difetto, la svista, la macchia che inceppa l’ingranaggio può tradursi facilmente con una parola: bug, e tutto si resetta.
Cadere in errore, del resto, presuppone un movimento: il bisogno di fermarsi e ripartire. La macchina che sbaglia, invece, non ha bisogno di fermarsi, ingloba o espelle l’errore nel suo procedere incessante e lineare. Ma non lo ha accettato, se ne è solo ripulita.
L’Intelligenza Artificiale apprende dal proprio errore e dell’errore ha memoria, ma non sentimento – che è la capacità di guardarsi indietro e non soltanto di ricordare; ha contezza ma non ferite; consapevolezza ma non nostalgia. Con l’errore, l’Intelligenza Artificiale non viene a patti. Quello che fa è tendere sempre alla perfezione, sapendo tutto ma non avendone alcuna stima, né paura.
Sulla macchina, la tecnologia interviene costantemente per liberarl dagli errori, perché una macchina sbagliata semplicemente non funziona, costa troppo, non è utile.
Macchine sbagliate siamo noi esseri umani, perfette nell’imperfezione. Ciò che fa la differenza tra noi e l’AI non è sapere di aver commesso un errore, bensì sperare di commetterne ancora.
Stratificare l’errore, accettarlo o volerlo dimenticare, sentirne il peso, lasciare che sia seme di bellezza e spiraglio di nuove scoperte, temere o confidare che possa succedere ancora: di fronte a una tecnologia costretta ad andare sempre verso la perfezione, tutto ciò sarà la misura della nostra umanità.